L'antico nucleo urbano di Anfo

 

L'antico nucleo urbano di Anfo Stemma del Comune di Anfo in Valsabbia

 

Il nucleo urbano
Anfo sorge sulla sponda destra del lago d'Idro o Eridio, alla foce del torrente Re (Rivus, rio), che scende dal monte Melino.

Notizie turistiche
Anfo, data la sua posizione geografica, è fiorente località turistica e possiede buone capacità ricettive.
La montagna che sovrasta l'abitato invoglia a bellissime escursioni (Baremone, Meghè, Zeno, Porle, Brele e Monte Censo), che conducono a punti panoramici con ampie vedute del bacino del lago d'Idro e, nei giorni più limpidi, offrono uno splendido colpo d'occhio sul gruppo del Brenta.
Numerosi ristoranti e pizzerie accolgono i buongustai. Vi si possono gustare piatti tipici locali come la tinca coi roei (piselli), i filetti di pesce persico, le aôle e la polenta tiragna.

Personaggi alla ribalta
Tra i personaggi recenti più illustri spicca la figura della serva di Dio, suor Irene Stefani, morta in concetto di santità il 31 ottobre 1930, di cui attualmente si è concluso il processo per la causa di beatificazione.

 

Anfo con il lago d'Idro sullo sfondo

 

Anfo con il lago d'Idro sullo sfondo


La storia
Le rive, paludose e malsane, dove oggi sorge l'abitato di Anfo, furono lentamente bonificate in periodo medioevale dai frati Benedettini del monastero di S. Pietro in Monte Orsino di Serle, che le cedettero poi ai padri Bianchi di S. Francesco Romano di Rodengo Saiano, quindi ai Padri di S. Lorenzo Giustiniano di Monte Oliveto in Brescia.
Alla loro opera tenace, difficle e insalubre, si deve la prima trasformazione degli acquitrini in prati e coltivi, la regolarizzazione dei torrenti, il consolidamento dei terreni franati dai monti che avvolgono il comune alle spalle.
Il nome Anfo appare per la prima volta in documenti del secolo XI. Era un povero paese di contadini e boscaioli. Solo nel 1429 poté acquistare, da gente di Bagolino, la montagna di Baremone per l'alpeggio, ove ancora oggi si continua a fare, con metodi tradizionali, il formaggio detto "Bagoss".
Ma l'alpeggio e il taglio della legna, pure favorito dall'industria del ferro fiorente in Valle Sabbia, non potevano corrispondere alle esigenze economiche della popolazione, per cui, nel 1531, gli abitanti azzardarono affrontare la pesca nel lago, malgrado i severi divieti stabiliti dal comune di Idro che, da tempo immemorabile, vantava diritti di pesca, di navigazione e difesa del lago stesso.
La contesa fra i due comuni rivieraschi (Anfo e Idro) assunse spesso aspetti drammatici, sia per il puntiglio dei contendenti, sia perché inclusi in diverse guirisdizioni amministrative (Idro dipendeva dal Provveditore di Salò, Anfo dai Rettori di Brescia), sia infine perché, approfittando della situazione, i conti di Lodrone colsero il momento propizio per estendere la loro presenza sul lago d'Idro.
I Lodroni infatti costruirono in quegli anni la rocca di S. Giovanni e le pescherie nel golfo di Camerella a Bondone, che affittarono a pescatori di Anfo.
Inoltre fecero costruire forni di ferro in Anfo, sollevando le gelosie e le preoccupazioni dei Bagolinesi. Questi ricorsero al Doge che, accogliendo l'istanza, impose ai Lodroni di abbandonare i forni. Così, dopo varie vicende, la contesa si concluse nel 1555 con un compromesso proposto dal conte Lodovico Calini al Provveditore di Salò e ai Rettori di Brescia; ma solo il 10 ottobre 1579 fu firmata la scrittura fra i due comuni, per cui, nel nome dello Spirito Santo, dovevano rimettere tutte le offese, controversie e dispiaceri passati.

Gli Statuti
Un documento particolarmente importante per la conoscenza della vita comunale di Anfo è dato dagli Statuti, riformati verso la metà del secolo XVI, essendo stati dispersi i precedenti in periodi tempestosi.
Lo studio e la stesura degli Statuti erano stati affidati a tre onesti ed esperti cittadini: Gottardo Brunori, Girolamo Mabellini e Bartolomeo Zanetti.
Dagli Statuti risulta che il comune era amministrato da sei consoli eletti dall'assemblea dei vicini, convocata il primo gennaio di ogni anno: ognuno dei consoli restava in carica due mesi, era aiutato da consiglieri, dal notaio e da altri ufficiali eletti a seconda delle necessità.
Appartenevano al comune l'osteria e il molino, oltre all'amministrazione del lascito di G. Battista Treboldi.
Gli Statuti erano severi nel mantenere il rispetto dell'autorità, imponendo l'osservanza di feste religiose, il buon comportamento durante le funzioni, "il bando alle bestie che fossero andate sul sagrato", la partecipazione con la croce alla processione della Pieve di Idro nel giorno dell'Ascensione.
Caduta la Repubblica Veneta, Anfo fu incluso nel Distretto XVII di Vestone.